Soffrire.
Sottilmente e intensamente, per lungo tempo. Anni. Che non si contano più nemmeno sulle dita delle mani. E l’impotenza. Dei gesti, delle parole, delle intenzioni.
Pensare di vendicarsi. E pregustare già il sapore dolce e forte di quell’attimo in cui viene restiuito ciò che è stato dato più o meno intenzionalmente. Pensare di pareggiare i conti del dolore con un tasso di interesse adeguato all’inflazione di ogni palpito perso, di ogni sorriso trasformato in pianto.
Desistere. Per salvare il proprio cuore dalla morte dell’inaridimento, dalla vera sconfitta.
E andare avanti. Sempre. Comunque. Truccando occhi brucianti e accendendo l’interruttore del sorriso.
Il sorriso.. Che scaccia ogni pensiero e restituisce colore alla vita, a dispetto di chi vuole male.
Poi, quando gli anni hanno deterso le lacrime del cuore, arriva il giorno. Il giorno a lungo desiderato, mai cercato e quasi dimenticato. Chi ha causato tanto dolore adesso soffre. Terribilmente. Chi provocava la sensazione di impotenza, di insicurezza e di inadeguatezza adesso la subisce. E proprio a causa di quel sorriso che non ha mai spento.
Potrebbe fare pena. Ce ne sarebbero molti motivi.
Potrebbe causare gioia. E qui sì che ce ne sarebbero di motivi. Ma sarebbe una gioia sterile e fittizia.
E allora rido. Soltanto rido. Perché questo è il mio momento e ne avverto tutto il suo potere.
Rido. E mi compiaccio di me stessa. Perché sono così come sono grazie anche a questi anni e a quella sofferenza.
Rido, sorrido e mi sento leggera. Perché la vita è meravigliosa e ti dà sempre ciò che meriti.
Oggi, dopo la pioggia, mi ha regalato un bellissimo arcobaleno e, più tardi, un tramonto incantevole. Metafora di un lungo periodo che si conclude e sul quale cala il sipario della notte.
Osservo le stelle. E ancora sorrido.
Fra poche ore lo splendore dell’alba del mio domani.